Benvenuti amici amanti dei libri in questa rubrica letteraria “Carthago d’Autore – L’intervista”. Protagonista di oggi è Cettina Marcellino, autrice del libro “Il Narciso d’Ottobre”. La sua opera, densa di emozioni e riflessioni, affronta tematiche attualissime come la manipolazione emotiva, il narcisismo e le dinamiche delle relazioni tossiche. Attraverso una prosa evocativa, Marcellino ci guida in un viaggio interiore che parla non solo alle donne, ma a chiunque abbia mai vissuto l’angoscia di una relazione complessa e distruttiva. In questa intervista, esploreremo le radici della sua ispirazione, il processo creativo dietro “Narciso d’Ottobre”, e le importanti lezioni di vita che emergono dalla sua esperienza personale e professionale. L’Avv.ssa Marcellino ci aiuterà a comprendere non solo gli aspetti legali legati all’abuso emotivo, ma anche le implicazioni psicologiche e sociali che spesso accompagnano queste storie silenziose di sofferenza. Questo incontro sarà un’opportunità per riflettere su come trovare la propria voce e riprendersi da esperienze dolorose, e per capire quanto sia fondamentale parlarne e affrontarle. Vi invitiamo a leggere con attenzione e ad aprire il cuore a questa storia di resilienza e forza.
1. Cosa ti ha spinto a scrivere “Il Narciso d’Ottobre”? C’è stata un’esperienza personale o professionale che hai vissuto che ha influenzato la scrittura di questo libro? Il Narciso d’Ottobre trae ispirazione da un caso realmente accaduto, ed è perciò intriso di sentimenti autentici come amore, passione e dolore. La disperazione di Ginevra è palpabile, e il binomio amore/dolore che percorre l’intero romanzo ha l’obiettivo di comunicare le reali sensazioni vissute da una vittima di narcisismo patologico. Ginevra viene completamente conquistata durante il periodo del love bombing, quando il narcisista sfrutta le sue insicurezze — che lei stessa confiderà al suo carnefice — per condurla verso l’illusione di aver trovato il principe azzurro, un uomo animato da sentimenti quali protezione, dedizione e coinvolgimento emotivo. Tuttavia, sulla sua pelle sperimenterà il discard, lo scarto, l’umiliazione e la mortificazione di essere abbandonata in un istante, senza mai un ripensamento o un momento di debolezza, come se fosse nulla; tutto ciò restituendo il velo strappato di un mondo di coppia mai esistito. Scoprirà un lato del suo idolo mai visto prima, affrontando notti e giorni di attesa, pianto straziante, senso di perdita, briciole di attenzione, rifiuti e un profondo egoismo, immergendosi in un inganno totale. Ciò che le farà più male, però, sarà la negazione di tutto ciò che hanno condiviso, di ogni promessa, l’assenza di rispetto e la svalutazione del loro amore; la rapidità dell’oblio le restituirà un sentimento privo di valore, spingendola sempre più in basso, con l’intento preciso di annullarla, farla sparire, isolarla, renderla invisibile. In questo vuoto, vivrà il dolore profondo della dissonanza cognitiva, l’assenza di tracce del suo amato, che ha calcolato ogni dettaglio, gesto e reazione, portandola a dubitare di sé stessa, della propria capacità di ragionamento e di relazione con gli altri e con il mondo. Così, si sentirà sempre più odiata, inadeguata e inadatta in ogni contesto. La fine della relazione sarà rapida e sottile, simile al taglio di una lama: freddezza misto a indifferenza, telefonate senza risposta, messaggi visualizzati e ignorati, preghiere inascoltate. Da tutto a niente in un batter d’occhio. E la manipolazione avverrà attraverso la giustificazione: “meglio un taglio netto”. Tuttavia, c’è una grande differenza tra definire una relazione e praticare il ghosting.
2. Nel libro affronti il tema del narcisismo. Cosa pensi che il lettore debba sapere riguardo agli effetti del narcisismo nelle relazioni? Il narcisismo patologico è oggi presente nella nostra società in misura ben più ampia di quanto si possa immaginare, accentuato dai social media, dalle nuove dinamiche relazionali e da una libertà talvolta eccessiva nelle relazioni intime. Essere vittima di un narcisista è devastante. Le cicatrici possono rimanere a lungo, a causa dell’incapacità della vittima di accettare e metabolizzare il fatto di aver vissuto un’illusione, di aver amato una maschera, qualcuno che non esiste e non è mai esistito. Questa persona ha preso tutto per poi scartare ogni cosa senza rimorsi, abituando la vittima ad accontentarsi di briciole, sempre meno, sempre più in basso. Il profondo dolore dell’inganno, dello scarto e della dimenticanza segna l’anima in modo indelebile. Ci sono ferite dell’anima assai più dolorose di quelle visibili sul corpo. La fretta nelle relazioni e la ricerca disperata del sé come riflesso nello sguardo dell’altro rendono le vittime prede perfette. Costruire il proprio io indipendentemente dagli altri, coltivare l’autoaffermazione e l’amore per sé stessi, e imparare a stabilire confini personali, possono aiutare a prevenire gli abusi. Tuttavia, cadere nella rete dei manipolatori è possibile per chiunque, a prescindere dal contesto e dal livello sociale. Anzi, più si sale nelle sfere della società, più è facile imbattersi in protocolli di ipocrisia, manipolazione e cura dell’immagine a scapito della verità e dell’autenticità. Il narcisista è un individuo emotivamente incompleto che cerca, attraverso l’adulazione della vittima, le risorse necessarie per la propria sopravvivenza. Ripete un medesimo protocollo, adattandolo di volta in volta alla vittima mediante la tecnica del mirroring, fino a ottenere un totale affidamento da parte dell’altro. Una volta conquistata la fiducia e instaurato il mito, inizia gradualmente a togliere ciò che ha dato, controllando e sottomettendo psicologicamente la vittima, che rimane in attesa dell’individuo conosciuto durante il love bombing. Ciò che più inquieta è la capacità del narcisista di calcolare ogni dettaglio, ogni azione e ogni passo, tutto parte di un progetto studiato a tavolino, dove la vittima è una pedina che risponde inconsapevolmente a comandi e impulsi programmati. Questa autodisciplina rende il narcisista apparire come un essere dotato di una emotività agghiacciante. Rimane vivida la memoria di uno sguardo sottile, freddo e vendicativo; una volta rimosso il velo dell’inganno, non si riesce più a credere né a fidarsi. Tutto appare diverso: la fiducia, la stima e il rispetto crollano senza possibilità di ricostruzione. L’unica certezza è la dolorosa consapevolezza della finzione. Gli inganni subiti, le bugie e le promesse mancate lasciano una profonda sensazione di smarrimento. La vittima non riconosce più l’amato/a, e questo ribaltamento porta a rifiutare qualsiasi pensiero positivo nei confronti dell’altro/a, percepito come una persona tossica, cattiva, vendicativa e terribilmente falsa. Per giungere a tale rifiuto assoluto, il percorso è lungo e tortuoso, costellato di insidie. Il narcisista è abilissimo a riagganciare la vittima senza esporsi, giocando sull’astinenza e sulla dipendenza affettiva, triangolando con una nuova preda/vittima, in modo che l’ex si senta costantemente “meno” rispetto alla nuova compagna/o. Non è raro che il narcisista accrediti la nuova fidanzata/o con grande rapidità, assicurandosi che l’ex ne venga a conoscenza e presentandosi con un’immagine ostentata di felicità, per generare un profondo senso di inadeguatezza nell’ex. Per quanto riguarda la triangolazione, verranno usate frasi a effetto come: “Devo a lei/lui lo stesso rispetto che ho avuto per te”, per giustificare la mancanza di risposte e ridurre i dialoghi, lasciando alla vittima l’illusione che l’assenza di un rapporto sia da attribuire all’altra persona e non al reale disinteresse del narcisista. Inoltre, verranno utilizzate espressioni come “Non sono ancora pronto” per giustificare un periodo di silenzio, mascherato da una sofferenza emotiva che in realtà è stata provocata dal narcisista stesso. La vittima cerca disperatamente di ritrovare ciò che ha perduto, per poi comprendere di non aver mai avuto nulla, di non essere mai stata niente, se non un giocattolo temporaneo, il cui destino era già noto al narcisista. I segni dell’intimità, quindi, rimangono per sempre, minando le fondamenta più profonde dell’io della vittima, che avrà difficoltà a ricostruire un’intimità, sia che essa sia stata intensa, sia che sia stata puramente egoistica. La ferita narcisistica cammina parallelamente a quella inflitta alla vittima.
3. Il tuo approccio è sia narrativo che analitico. Come hai scelto di bilanciare la narrativa personale con teorie e spiegazioni legate al narcisismo e all’abuso emotivo? Lo scopo di questo scritto è offrire sostegno ai lettori, permettendo loro di riconoscersi nella storia e di acquisire consapevolezza riguardo a ciò che stanno vivendo. Si desidera anche comunicare che non sono soli. La solitudine rappresenta il sentimento più devastante che un narcisista impone alla vittima alla fine della relazione. Dopo aver sottratto tutto e creato isolamento attorno alla vittima, il narcisista la induce a credere di non essere adatta a vivere nel mondo. Non a caso, dopo essere stata scartata, la vittima si ritrova priva di ogni cosa, inclusa la presenza ingombrante e condizionante del narcisista, e di fatto privata della realtà personale, poiché il narcisista ha alterato la sua percezione. A questo punto, emergono istinti suicidari, depressione, difficoltà comunicative e disturbi alimentari. Il buio diventa la nuova realtà della vittima, e uscirne risulta estremamente complesso. Tuttavia, riemergere deve rappresentare l’unica strada da percorrere, senza mai lasciarsi ingannare dall’illusione di ciò che avrebbe potuto essere. In verità, non c’era possibilità di alcuna alternativa, altrimenti essa si sarebbe già manifestata. Accettare questa dolorosa consapevolezza restituisce alla vittima la visione di un percorso monodimensionale, mentre in una relazione sana è fondamentale che ci siano almeno due persone coinvolte. Il narcisista, però, non si espone mai, pur dando l’illusione di esserci. Alla fine, presenta alla nuova compagna o compagno tutto ciò che non ha offerto alla vittima, ma anche questo è solo un’illusione. Il narcisista è incapace di provare vera empatia e trae piacere dal dolore altrui, con il quale si autoavvalora. Quando vede la vittima piangere, rimane impassibile, quasi compiaciuto, incapace di compiere un gesto che possa alleviare la sofferenza. Questo comportamento sembra privo di cuore e porta avanti il suo progetto con una freddezza tale da ferire a fondo la vittima, che non potrà mai dimenticare quella mancanza di calore. Contemporaneamente, il narcisista è estremamente attento alla propria immagine pubblica, costruita con impegno e dedizione, prestando massima attenzione a non lasciare tracce del suo vero io e dei suoi autentici sentimenti. Infine, può diventare vendicativo: se scoperto, svelato o smascherato, non perdona e si accanisce a lungo. Il narcisista non riconosce mai le proprie azioni, sempre giustificate ai suoi occhi; al contrario, enfatizza le reazioni della vittima, considerate sempre eccessive e ingiustificate.
4. Puoi parlarci del personaggio di Ginevra? Come si evolve nel corso della storia e quali sfide affronta nelle sue relazioni? Il seguito della storia di Ginevra è attualmente top secret. Chissà! È vero che esiste già una bozza. Ho ricevuto molte richieste di chiarimenti sul finale, volutamente lasciato all’interpretazione del lettore, e altrettante domande sul possibile secondo volume, un seguito della storia. I lettori vogliono conoscere il destino di Ginevra, alla ricerca di quella speranza di resurrezione che tutte le vittime, a un certo punto, sperimentano. Desiderano sopravvivere, ricominciare e trovare l’amore, questa volta nel modo giusto. Mentre il narcisista si tuffa subito in una nuova relazione, ostentando una felicità che appare a tutti, volendo ferire ancora una volta l’ex e cercare una nuova affermazione di sé, accantona i commenti sulla relazione precedente per distrarre il “pubblico” davanti al quale si muove, presentando sempre un’immagine di benessere e sicurezza, senza alcuna preoccupazione, il tutto passa in un battito di ciglia. La vittima, invece, resta in attesa, sospesa, elaborando il proprio lutto e avviando una dolorosa maturazione del dolore. Si dice che chi ama non si getta subito in un nuovo amore. Se lo fa, in realtà non ha mai amato né chi ha dimenticato, né chi ha conquistato. È un dato di fatto che i sentimenti richiedono tempo, sia per nascere che per svanire. La ricerca immediata di nuove forme di appagamento emotivo non fa altro che nascondere un malessere che si rifiuta di affrontare appieno, poiché il dolore ci mette in contatto con la parte più profonda di noi stessi, ci fa affrontare le nostre verità. Per quanto violento, il dolore ci porta a crescere, a elevarci a un nuovo livello. Il narcisista non può guardarsi dentro fino in fondo, poiché ciò lo riporterebbe alla ferita narcisistica, rendendolo consapevole del male che ha inflitto. Non è possibile guardare al male che si è causato: il narcisista si assolve sempre. Qualunque sia stata la sua condotta, si scusa in nome di ragioni che considera sempre valide, superiori al dolore inflitto all’altro, che diventa, suo malgrado, inevitabile. Riprendersi da una storia tossica è un percorso doloroso e lungo che deve innanzitutto portare la vittima a rafforzare se stessa, a conoscere le proprie debolezze senza più farne dono all’altro e, soprattutto, a raggiungere una maturazione e un’indipendenza emotiva che richiedono uno sforzo notevole, affrontato contemporaneamente all’inevitabile lutto che segue la fine di una relazione. Nella chiusura di una relazione con un narcisista, la vittima vive un duplice lutto: non solo per la relazione, ma anche per l’amato idealizzato. Domare instinti e ricordi costruisce una tempra che richiede tempo per sedimentare e stabilizzarsi. Alla personalità narcisistica, se aggiungiamo la manipolazione, il mix diventa letale. La vittima avrà difficoltà a fidarsi di chiunque, chiedendosi sempre se si trova davanti al vero o a una maschera perfetta. Soprattutto, sperimenterà l’amarezza, che, come diceva Oriana Fallaci, divora le viscere; non c’è nulla che ferisca e avveleni più della delusione inflitta da chi consideravamo un mito. Lasciamo Ginevra sull’asfalto. Anche questo è un fatto realmente accaduto. La scena è ricca di simbolismi, come tutto il romanzo. Scopriremo insieme se la morte è la fine o l’inizio di tutto.
5. Hai avuto riscontri particolari da parte di lettori che hanno trovato il tuo libro particolarmente significativo? Ci sono state storie che ti hanno colpito? Il romanzo ha ricevuto moltissime recensioni, tutte estremamente positive. Ho rilasciato un gran numero di interviste e, tutt’oggi, continua a vendere. In molti mi scrivono per commentare e ringraziare, condividendo le loro storie, emozioni e sensazioni. Questo è per me molto prezioso. L’unica recensione negativa è giunta da uno psichiatra che, in linea con alcune interpretazioni scientifiche di minoranza, si oppone all’inserimento del narcisismo patologico nel DSM, l’elenco dei disturbi della personalità. Tuttavia, la recensione non era affatto negativa nei confronti del romanzo, ma riguardava unicamente la questione dell’accreditamento del narcisismo patologico come disturbo. Si trattava quindi più di un dibattito tecnico than di una critica al libro. Ho avuto un lungo dialogo con l’autore della recensione, scoprendo che la sua adesione a tale movimento negazionista derivava dalla convinzione che il narcisismo patologico sia ormai così diffuso da non poter più essere considerato una “patologia”, ma piuttosto una nuova realtà relazionale. A suo avviso, considerarlo come patologia ridurrebbe l’individuo a una condizione di punibilità intrinseca. Secondo questa prospettiva, il fenomeno, data la sua massiccia presenza nella società, sembrerebbe perdere il suo status di disturbo della personalità. Durante il nostro confronto, mi è venuto in mente l’elevatissimo numero di malati oncologici in Italia: mi pareva un ragionamento anomalo pensare che se una cosa è particolarmente diffusa, allora perde di valore o comunque viene ridimensionata nel suo impatto. Onestamente, non credo che la quantità possa sottrarre valore o entità. E non credo che normalizzare comportamenti distorti e distorsivi sia il modo migliore per risanare la società. La maggiore soddisfazione che ho ricevuto dal libro è l’accesso di vittime al mio studio professionale. Molti, dopo aver letto il romanzo, hanno sentito di potersi affidare a me in qualità di avvocato, avviando così un percorso di separazione che fino a quel momento avevano faticato a intraprendere. Essere utile, anche solo per una persona, rappresenta per me il più grande successo.
6. Nel libro menzioni l’abuso emotivo e il narcisismo. Quali risorse o suggerimenti daresti a chi si trova in situazioni simili a quelle descritte nel tuo libro? Chiedere aiuto è fondamentale. Rivolgersi a familiari, amici, parenti, colleghi e, soprattutto, a uno specialista esperto in materia di abuso emotivo può fare la differenza. Il silenzio è un grande nemico della guarigione in ogni ambito. Superare paure, umiliazioni e vergogna, e avere il coraggio di raccontare la propria storia, permette di mettere le cose nella giusta prospettiva. Guardare con gli occhi degli altri restituisce la verità dei fatti, fa crollare i falsi miti e consente di ritrovare se stessi. Questo è il primo passo per liberarsi da una relazione tossica, caratterizzata da ricadute sempre più violente, degradanti e umilianti. È anche importante informarsi sull’argomento. Avere conoscenza consente di prevenire gli abusi, riconoscere le dinamiche e le strategie in gioco, comprendere e proteggere se stessi. Infine, è essenziale accettare che un narcisista non cambierà mai. Superare l’illusione del “ritorno” sincero è fondamentale: l’unico ritorno possibile avviene per convenienza o come atto di vendetta, e in entrambi i casi, rischia di causare solo ulteriori sofferenze.
7. Essendo un avvocato, quali sono le implicazioni legali che hai riscontrato nei casi di abuso narcisistico? Come affronta il sistema legale queste situazioni? Vi è un’intrinseca difficoltà giudiziale. In Italia, non esiste ancora una cultura adeguata riguardo al danno e alla sofferenza psicologica, che sono elementi di categorie assai più ampie. La sofferenza emotiva appare labile, poco delineata e poco riconosciuta. Ci sono traumi interiori che possono risultare ben più dannosi rispetto a quelli fisici. Tuttavia, fino a quando la sofferenza psichica non trova una manifestazione concreta, sembra non avere rilevanza. Di conseguenza, la richiesta di risarcimento sembra possibile solo se la sofferenza è connessa a un depauperamento economico, a una diminuzione della vita relazionale, o a una compromissione della propria realtà affettiva e lavorativa. Ancora di più, questa sofferenza è spesso presa in considerazione se associata a malattie visibili, come la bulimia o l’anoressia. Gli istinti suicidi devono essere dimostrati; non basta averli semplicemente pensati, vissuti o avvertiti. Il problema rimane essenzialmente di natura probatoria. Dimostrare la sofferenza emotiva sembra non trovare supporto se non in evidenze pratiche ed empiriche.
8. Come ha influenzato il tuo lavoro come avvocato il tuo approccio alla scrittura di questo libro? Ho sempre amato scrivere, ma il romanzo possiede un’autonomia dialettica che si discosta completamente dagli scritti processuali. Lavorare nel settore della famiglia e dei minori mi ha avvicinato a un mondo di sofferenza, intrinsecamente legato a rapporti tossici e violenti, sviluppando così una sensibilità nuova e più strutturata. Oggi mi sento una persona profondamente cambiata rispetto a quella che, timidamente, si affacciava alla professione all’inizio della mia carriera. Avverto il peso delle storie che mi si pongono davanti e la profonda responsabilità nei confronti dei dolori che emergono nelle vicende giudiziarie. Desidero sempre migliorare: per questo motivo, non interrompo mai il mio aggiornamento professionale. Tuttavia, non voglio diventare priva di sensibilità e asettica; spero di rimanere sempre vigile di fronte all’animo umano.
9. Come vedi il futuro per quelle persone che hanno subito abusi emotivi e relazioni con narcisisti? Cosa possono fare per riprendersi e ricostruire la loro vita? Per rispondere a questa domanda, credo sia necessario attendere il seguito de “Il Narciso d’Ottobre”. Nel frattempo, è fondamentale tornare a essere presenti a se stessi, riscoprire le proprie qualità e costruire nuovi interessi e contatti, lontani dal narcisista e dalla realtà condivisa durante la relazione. È importante rinnovarsi. E, per quanto doloroso, attuare la strategia del “no contact”. Ci saranno momenti in cui si avvertirà la voglia di vendetta, di riscatto, o di un dialogo che restituisca la giusta prospettiva alle cose. Tuttavia, il narcisista è perfettamente consapevole di quanto ha fatto e non si presterà mai a un confronto in cui venga rimesso in discussione il suo comportamento. Perché dovrebbe farlo? Invece, è utile spostare l’attenzione dal narcisista a se stessi e ripartire da qui. Infine, la vita compie giri strani, forse offrendo risposte quando non ci si ricorda più delle domande; come dice Fabio Volo, è una ruota che gira, e quando gira, a volte non importa più nulla! Io sono convinta che tutto torni. Chi ha amato davvero lascia sempre un segno. Mi piace credere che, un giorno, nella sua più profonda intimità, in gran segreto e senza mai ammetterlo con alcuno, il narcisista ripenserà alla sua vittima: alle lacrime calde che ha fatto scorrere, alle ferite inferte, al dolore provocato; e rifletterà sull’amore che quella persona gli aveva sinceramente donato, sull’ammirazione che provava nei suoi confronti. Forse in quel momento si troverà a fare i conti con se stesso, giungendo alla piena consapevolezza di aver rovinato tutto con le proprie mani, senza alcuna possibilità di tornare indietro. La coscienza lo tormenterà e il cuore urlerà al ricordo dei sorrisi luminosi che apparivano al solo incrociarlo. Magari durerà solo un secondo. Poi, ovviamente, si giustificherà, assolvendo se stesso e andando avanti!
10. Come sei giunta a Casa Carthago? Ho conosciuto Margherita Guglielmino durante una conferenza in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il 25 novembre 2022. Alla fine di quell’evento, mi chiese di scrivere qualcosa per Carthago. È passato un anno senza che avessi dato seguito a quella richiesta. Poi, all’improvviso, Ginevra è venuta da me e, in una notte, ha raccontato la sua storia. Un mese dopo, Carthago l’ha resa immortale.
Grazie, Cettina Marcellino, che ha dato uno sguardo penetrante e profondo su un tema che spesso resta nell’ombra: l’abuso narcisistico e le sue devastanti conseguenze. Invitiamo i lettori a considerare non solo il dolore di Ginevra, ma anche la ricchezza di insegnamenti che possono emergere da questa storia. Che possa servire come un monito e una guida, affinché tutti possano imparare a riconoscere il vero amore, quello che nutre e non quello che consuma. Grazie per averci seguito in questa puntata di “Carthago d’Autore – L’intervista”. Alla prossima!
“Carthago d’Autore – L’intervista” con l’Autrice Cettina Marcellino
Benvenuti amici amanti dei libri in questa rubrica letteraria “Carthago d’Autore – L’intervista”. Protagonista di oggi è Cettina Marcellino, autrice del libro “Il Narciso d’Ottobre”. La sua opera, densa di emozioni e riflessioni, affronta tematiche attualissime come la manipolazione emotiva, il narcisismo e le dinamiche delle relazioni tossiche. Attraverso una prosa evocativa, Marcellino ci guida in un viaggio interiore che parla non solo alle donne, ma a chiunque abbia mai vissuto l’angoscia di una relazione complessa e distruttiva. In questa intervista, esploreremo le radici della sua ispirazione, il processo creativo dietro “Narciso d’Ottobre”, e le importanti lezioni di vita che emergono dalla sua esperienza personale e professionale. L’Avv.ssa Marcellino ci aiuterà a comprendere non solo gli aspetti legali legati all’abuso emotivo, ma anche le implicazioni psicologiche e sociali che spesso accompagnano queste storie silenziose di sofferenza. Questo incontro sarà un’opportunità per riflettere su come trovare la propria voce e riprendersi da esperienze dolorose, e per capire quanto sia fondamentale parlarne e affrontarle. Vi invitiamo a leggere con attenzione e ad aprire il cuore a questa storia di resilienza e forza.
1. Cosa ti ha spinto a scrivere “Il Narciso d’Ottobre”? C’è stata un’esperienza personale o professionale che hai vissuto che ha influenzato la scrittura di questo libro?
Il Narciso d’Ottobre trae ispirazione da un caso realmente accaduto, ed è perciò intriso di sentimenti autentici come amore, passione e dolore. La disperazione di Ginevra è palpabile, e il binomio amore/dolore che percorre l’intero romanzo ha l’obiettivo di comunicare le reali sensazioni vissute da una vittima di narcisismo patologico. Ginevra viene completamente conquistata durante il periodo del love bombing, quando il narcisista sfrutta le sue insicurezze — che lei stessa confiderà al suo carnefice — per condurla verso l’illusione di aver trovato il principe azzurro, un uomo animato da sentimenti quali protezione, dedizione e coinvolgimento emotivo. Tuttavia, sulla sua pelle sperimenterà il discard, lo scarto, l’umiliazione e la mortificazione di essere abbandonata in un istante, senza mai un ripensamento o un momento di debolezza, come se fosse nulla; tutto ciò restituendo il velo strappato di un mondo di coppia mai esistito. Scoprirà un lato del suo idolo mai visto prima, affrontando notti e giorni di attesa, pianto straziante, senso di perdita, briciole di attenzione, rifiuti e un profondo egoismo, immergendosi in un inganno totale. Ciò che le farà più male, però, sarà la negazione di tutto ciò che hanno condiviso, di ogni promessa, l’assenza di rispetto e la svalutazione del loro amore; la rapidità dell’oblio le restituirà un sentimento privo di valore, spingendola sempre più in basso, con l’intento preciso di annullarla, farla sparire, isolarla, renderla invisibile. In questo vuoto, vivrà il dolore profondo della dissonanza cognitiva, l’assenza di tracce del suo amato, che ha calcolato ogni dettaglio, gesto e reazione, portandola a dubitare di sé stessa, della propria capacità di ragionamento e di relazione con gli altri e con il mondo. Così, si sentirà sempre più odiata, inadeguata e inadatta in ogni contesto. La fine della relazione sarà rapida e sottile, simile al taglio di una lama: freddezza misto a indifferenza, telefonate senza risposta, messaggi visualizzati e ignorati, preghiere inascoltate. Da tutto a niente in un batter d’occhio. E la manipolazione avverrà attraverso la giustificazione: “meglio un taglio netto”. Tuttavia, c’è una grande differenza tra definire una relazione e praticare il ghosting.
2. Nel libro affronti il tema del narcisismo. Cosa pensi che il lettore debba sapere riguardo agli effetti del narcisismo nelle relazioni?
Il narcisismo patologico è oggi presente nella nostra società in misura ben più ampia di quanto si possa immaginare, accentuato dai social media, dalle nuove dinamiche relazionali e da una libertà talvolta eccessiva nelle relazioni intime. Essere vittima di un narcisista è devastante. Le cicatrici possono rimanere a lungo, a causa dell’incapacità della vittima di accettare e metabolizzare il fatto di aver vissuto un’illusione, di aver amato una maschera, qualcuno che non esiste e non è mai esistito. Questa persona ha preso tutto per poi scartare ogni cosa senza rimorsi, abituando la vittima ad accontentarsi di briciole, sempre meno, sempre più in basso. Il profondo dolore dell’inganno, dello scarto e della dimenticanza segna l’anima in modo indelebile. Ci sono ferite dell’anima assai più dolorose di quelle visibili sul corpo. La fretta nelle relazioni e la ricerca disperata del sé come riflesso nello sguardo dell’altro rendono le vittime prede perfette. Costruire il proprio io indipendentemente dagli altri, coltivare l’autoaffermazione e l’amore per sé stessi, e imparare a stabilire confini personali, possono aiutare a prevenire gli abusi. Tuttavia, cadere nella rete dei manipolatori è possibile per chiunque, a prescindere dal contesto e dal livello sociale. Anzi, più si sale nelle sfere della società, più è facile imbattersi in protocolli di ipocrisia, manipolazione e cura dell’immagine a scapito della verità e dell’autenticità. Il narcisista è un individuo emotivamente incompleto che cerca, attraverso l’adulazione della vittima, le risorse necessarie per la propria sopravvivenza. Ripete un medesimo protocollo, adattandolo di volta in volta alla vittima mediante la tecnica del mirroring, fino a ottenere un totale affidamento da parte dell’altro. Una volta conquistata la fiducia e instaurato il mito, inizia gradualmente a togliere ciò che ha dato, controllando e sottomettendo psicologicamente la vittima, che rimane in attesa dell’individuo conosciuto durante il love bombing. Ciò che più inquieta è la capacità del narcisista di calcolare ogni dettaglio, ogni azione e ogni passo, tutto parte di un progetto studiato a tavolino, dove la vittima è una pedina che risponde inconsapevolmente a comandi e impulsi programmati. Questa autodisciplina rende il narcisista apparire come un essere dotato di una emotività agghiacciante. Rimane vivida la memoria di uno sguardo sottile, freddo e vendicativo; una volta rimosso il velo dell’inganno, non si riesce più a credere né a fidarsi. Tutto appare diverso: la fiducia, la stima e il rispetto crollano senza possibilità di ricostruzione. L’unica certezza è la dolorosa consapevolezza della finzione. Gli inganni subiti, le bugie e le promesse mancate lasciano una profonda sensazione di smarrimento. La vittima non riconosce più l’amato/a, e questo ribaltamento porta a rifiutare qualsiasi pensiero positivo nei confronti dell’altro/a, percepito come una persona tossica, cattiva, vendicativa e terribilmente falsa. Per giungere a tale rifiuto assoluto, il percorso è lungo e tortuoso, costellato di insidie. Il narcisista è abilissimo a riagganciare la vittima senza esporsi, giocando sull’astinenza e sulla dipendenza affettiva, triangolando con una nuova preda/vittima, in modo che l’ex si senta costantemente “meno” rispetto alla nuova compagna/o. Non è raro che il narcisista accrediti la nuova fidanzata/o con grande rapidità, assicurandosi che l’ex ne venga a conoscenza e presentandosi con un’immagine ostentata di felicità, per generare un profondo senso di inadeguatezza nell’ex. Per quanto riguarda la triangolazione, verranno usate frasi a effetto come: “Devo a lei/lui lo stesso rispetto che ho avuto per te”, per giustificare la mancanza di risposte e ridurre i dialoghi, lasciando alla vittima l’illusione che l’assenza di un rapporto sia da attribuire all’altra persona e non al reale disinteresse del narcisista. Inoltre, verranno utilizzate espressioni come “Non sono ancora pronto” per giustificare un periodo di silenzio, mascherato da una sofferenza emotiva che in realtà è stata provocata dal narcisista stesso. La vittima cerca disperatamente di ritrovare ciò che ha perduto, per poi comprendere di non aver mai avuto nulla, di non essere mai stata niente, se non un giocattolo temporaneo, il cui destino era già noto al narcisista. I segni dell’intimità, quindi, rimangono per sempre, minando le fondamenta più profonde dell’io della vittima, che avrà difficoltà a ricostruire un’intimità, sia che essa sia stata intensa, sia che sia stata puramente egoistica. La ferita narcisistica cammina parallelamente a quella inflitta alla vittima.
3. Il tuo approccio è sia narrativo che analitico. Come hai scelto di bilanciare la narrativa personale con teorie e spiegazioni legate al narcisismo e all’abuso emotivo?
Lo scopo di questo scritto è offrire sostegno ai lettori, permettendo loro di riconoscersi nella storia e di acquisire consapevolezza riguardo a ciò che stanno vivendo. Si desidera anche comunicare che non sono soli. La solitudine rappresenta il sentimento più devastante che un narcisista impone alla vittima alla fine della relazione. Dopo aver sottratto tutto e creato isolamento attorno alla vittima, il narcisista la induce a credere di non essere adatta a vivere nel mondo. Non a caso, dopo essere stata scartata, la vittima si ritrova priva di ogni cosa, inclusa la presenza ingombrante e condizionante del narcisista, e di fatto privata della realtà personale, poiché il narcisista ha alterato la sua percezione. A questo punto, emergono istinti suicidari, depressione, difficoltà comunicative e disturbi alimentari. Il buio diventa la nuova realtà della vittima, e uscirne risulta estremamente complesso. Tuttavia, riemergere deve rappresentare l’unica strada da percorrere, senza mai lasciarsi ingannare dall’illusione di ciò che avrebbe potuto essere. In verità, non c’era possibilità di alcuna alternativa, altrimenti essa si sarebbe già manifestata. Accettare questa dolorosa consapevolezza restituisce alla vittima la visione di un percorso monodimensionale, mentre in una relazione sana è fondamentale che ci siano almeno due persone coinvolte. Il narcisista, però, non si espone mai, pur dando l’illusione di esserci. Alla fine, presenta alla nuova compagna o compagno tutto ciò che non ha offerto alla vittima, ma anche questo è solo un’illusione. Il narcisista è incapace di provare vera empatia e trae piacere dal dolore altrui, con il quale si autoavvalora. Quando vede la vittima piangere, rimane impassibile, quasi compiaciuto, incapace di compiere un gesto che possa alleviare la sofferenza. Questo comportamento sembra privo di cuore e porta avanti il suo progetto con una freddezza tale da ferire a fondo la vittima, che non potrà mai dimenticare quella mancanza di calore. Contemporaneamente, il narcisista è estremamente attento alla propria immagine pubblica, costruita con impegno e dedizione, prestando massima attenzione a non lasciare tracce del suo vero io e dei suoi autentici sentimenti. Infine, può diventare vendicativo: se scoperto, svelato o smascherato, non perdona e si accanisce a lungo. Il narcisista non riconosce mai le proprie azioni, sempre giustificate ai suoi occhi; al contrario, enfatizza le reazioni della vittima, considerate sempre eccessive e ingiustificate.
4. Puoi parlarci del personaggio di Ginevra? Come si evolve nel corso della storia e quali sfide affronta nelle sue relazioni?
Il seguito della storia di Ginevra è attualmente top secret. Chissà! È vero che esiste già una bozza. Ho ricevuto molte richieste di chiarimenti sul finale, volutamente lasciato all’interpretazione del lettore, e altrettante domande sul possibile secondo volume, un seguito della storia. I lettori vogliono conoscere il destino di Ginevra, alla ricerca di quella speranza di resurrezione che tutte le vittime, a un certo punto, sperimentano. Desiderano sopravvivere, ricominciare e trovare l’amore, questa volta nel modo giusto. Mentre il narcisista si tuffa subito in una nuova relazione, ostentando una felicità che appare a tutti, volendo ferire ancora una volta l’ex e cercare una nuova affermazione di sé, accantona i commenti sulla relazione precedente per distrarre il “pubblico” davanti al quale si muove, presentando sempre un’immagine di benessere e sicurezza, senza alcuna preoccupazione, il tutto passa in un battito di ciglia. La vittima, invece, resta in attesa, sospesa, elaborando il proprio lutto e avviando una dolorosa maturazione del dolore. Si dice che chi ama non si getta subito in un nuovo amore. Se lo fa, in realtà non ha mai amato né chi ha dimenticato, né chi ha conquistato. È un dato di fatto che i sentimenti richiedono tempo, sia per nascere che per svanire. La ricerca immediata di nuove forme di appagamento emotivo non fa altro che nascondere un malessere che si rifiuta di affrontare appieno, poiché il dolore ci mette in contatto con la parte più profonda di noi stessi, ci fa affrontare le nostre verità. Per quanto violento, il dolore ci porta a crescere, a elevarci a un nuovo livello. Il narcisista non può guardarsi dentro fino in fondo, poiché ciò lo riporterebbe alla ferita narcisistica, rendendolo consapevole del male che ha inflitto. Non è possibile guardare al male che si è causato: il narcisista si assolve sempre. Qualunque sia stata la sua condotta, si scusa in nome di ragioni che considera sempre valide, superiori al dolore inflitto all’altro, che diventa, suo malgrado, inevitabile. Riprendersi da una storia tossica è un percorso doloroso e lungo che deve innanzitutto portare la vittima a rafforzare se stessa, a conoscere le proprie debolezze senza più farne dono all’altro e, soprattutto, a raggiungere una maturazione e un’indipendenza emotiva che richiedono uno sforzo notevole, affrontato contemporaneamente all’inevitabile lutto che segue la fine di una relazione. Nella chiusura di una relazione con un narcisista, la vittima vive un duplice lutto: non solo per la relazione, ma anche per l’amato idealizzato. Domare instinti e ricordi costruisce una tempra che richiede tempo per sedimentare e stabilizzarsi. Alla personalità narcisistica, se aggiungiamo la manipolazione, il mix diventa letale. La vittima avrà difficoltà a fidarsi di chiunque, chiedendosi sempre se si trova davanti al vero o a una maschera perfetta. Soprattutto, sperimenterà l’amarezza, che, come diceva Oriana Fallaci, divora le viscere; non c’è nulla che ferisca e avveleni più della delusione inflitta da chi consideravamo un mito. Lasciamo Ginevra sull’asfalto. Anche questo è un fatto realmente accaduto. La scena è ricca di simbolismi, come tutto il romanzo. Scopriremo insieme se la morte è la fine o l’inizio di tutto.
5. Hai avuto riscontri particolari da parte di lettori che hanno trovato il tuo libro particolarmente significativo? Ci sono state storie che ti hanno colpito?
Il romanzo ha ricevuto moltissime recensioni, tutte estremamente positive. Ho rilasciato un gran numero di interviste e, tutt’oggi, continua a vendere. In molti mi scrivono per commentare e ringraziare, condividendo le loro storie, emozioni e sensazioni. Questo è per me molto prezioso. L’unica recensione negativa è giunta da uno psichiatra che, in linea con alcune interpretazioni scientifiche di minoranza, si oppone all’inserimento del narcisismo patologico nel DSM, l’elenco dei disturbi della personalità. Tuttavia, la recensione non era affatto negativa nei confronti del romanzo, ma riguardava unicamente la questione dell’accreditamento del narcisismo patologico come disturbo. Si trattava quindi più di un dibattito tecnico than di una critica al libro. Ho avuto un lungo dialogo con l’autore della recensione, scoprendo che la sua adesione a tale movimento negazionista derivava dalla convinzione che il narcisismo patologico sia ormai così diffuso da non poter più essere considerato una “patologia”, ma piuttosto una nuova realtà relazionale. A suo avviso, considerarlo come patologia ridurrebbe l’individuo a una condizione di punibilità intrinseca. Secondo questa prospettiva, il fenomeno, data la sua massiccia presenza nella società, sembrerebbe perdere il suo status di disturbo della personalità. Durante il nostro confronto, mi è venuto in mente l’elevatissimo numero di malati oncologici in Italia: mi pareva un ragionamento anomalo pensare che se una cosa è particolarmente diffusa, allora perde di valore o comunque viene ridimensionata nel suo impatto. Onestamente, non credo che la quantità possa sottrarre valore o entità. E non credo che normalizzare comportamenti distorti e distorsivi sia il modo migliore per risanare la società. La maggiore soddisfazione che ho ricevuto dal libro è l’accesso di vittime al mio studio professionale. Molti, dopo aver letto il romanzo, hanno sentito di potersi affidare a me in qualità di avvocato, avviando così un percorso di separazione che fino a quel momento avevano faticato a intraprendere. Essere utile, anche solo per una persona, rappresenta per me il più grande successo.
6. Nel libro menzioni l’abuso emotivo e il narcisismo. Quali risorse o suggerimenti daresti a chi si trova in situazioni simili a quelle descritte nel tuo libro?
Chiedere aiuto è fondamentale. Rivolgersi a familiari, amici, parenti, colleghi e, soprattutto, a uno specialista esperto in materia di abuso emotivo può fare la differenza. Il silenzio è un grande nemico della guarigione in ogni ambito. Superare paure, umiliazioni e vergogna, e avere il coraggio di raccontare la propria storia, permette di mettere le cose nella giusta prospettiva. Guardare con gli occhi degli altri restituisce la verità dei fatti, fa crollare i falsi miti e consente di ritrovare se stessi. Questo è il primo passo per liberarsi da una relazione tossica, caratterizzata da ricadute sempre più violente, degradanti e umilianti. È anche importante informarsi sull’argomento. Avere conoscenza consente di prevenire gli abusi, riconoscere le dinamiche e le strategie in gioco, comprendere e proteggere se stessi. Infine, è essenziale accettare che un narcisista non cambierà mai. Superare l’illusione del “ritorno” sincero è fondamentale: l’unico ritorno possibile avviene per convenienza o come atto di vendetta, e in entrambi i casi, rischia di causare solo ulteriori sofferenze.
7. Essendo un avvocato, quali sono le implicazioni legali che hai riscontrato nei casi di abuso narcisistico? Come affronta il sistema legale queste situazioni?
Vi è un’intrinseca difficoltà giudiziale. In Italia, non esiste ancora una cultura adeguata riguardo al danno e alla sofferenza psicologica, che sono elementi di categorie assai più ampie. La sofferenza emotiva appare labile, poco delineata e poco riconosciuta. Ci sono traumi interiori che possono risultare ben più dannosi rispetto a quelli fisici. Tuttavia, fino a quando la sofferenza psichica non trova una manifestazione concreta, sembra non avere rilevanza. Di conseguenza, la richiesta di risarcimento sembra possibile solo se la sofferenza è connessa a un depauperamento economico, a una diminuzione della vita relazionale, o a una compromissione della propria realtà affettiva e lavorativa. Ancora di più, questa sofferenza è spesso presa in considerazione se associata a malattie visibili, come la bulimia o l’anoressia. Gli istinti suicidi devono essere dimostrati; non basta averli semplicemente pensati, vissuti o avvertiti. Il problema rimane essenzialmente di natura probatoria. Dimostrare la sofferenza emotiva sembra non trovare supporto se non in evidenze pratiche ed empiriche.
8. Come ha influenzato il tuo lavoro come avvocato il tuo approccio alla scrittura di questo libro?
Ho sempre amato scrivere, ma il romanzo possiede un’autonomia dialettica che si discosta completamente dagli scritti processuali. Lavorare nel settore della famiglia e dei minori mi ha avvicinato a un mondo di sofferenza, intrinsecamente legato a rapporti tossici e violenti, sviluppando così una sensibilità nuova e più strutturata. Oggi mi sento una persona profondamente cambiata rispetto a quella che, timidamente, si affacciava alla professione all’inizio della mia carriera. Avverto il peso delle storie che mi si pongono davanti e la profonda responsabilità nei confronti dei dolori che emergono nelle vicende giudiziarie. Desidero sempre migliorare: per questo motivo, non interrompo mai il mio aggiornamento professionale. Tuttavia, non voglio diventare priva di sensibilità e asettica; spero di rimanere sempre vigile di fronte all’animo umano.
9. Come vedi il futuro per quelle persone che hanno subito abusi emotivi e relazioni con narcisisti? Cosa possono fare per riprendersi e ricostruire la loro vita?
Per rispondere a questa domanda, credo sia necessario attendere il seguito de “Il Narciso d’Ottobre”. Nel frattempo, è fondamentale tornare a essere presenti a se stessi, riscoprire le proprie qualità e costruire nuovi interessi e contatti, lontani dal narcisista e dalla realtà condivisa durante la relazione. È importante rinnovarsi. E, per quanto doloroso, attuare la strategia del “no contact”. Ci saranno momenti in cui si avvertirà la voglia di vendetta, di riscatto, o di un dialogo che restituisca la giusta prospettiva alle cose. Tuttavia, il narcisista è perfettamente consapevole di quanto ha fatto e non si presterà mai a un confronto in cui venga rimesso in discussione il suo comportamento. Perché dovrebbe farlo? Invece, è utile spostare l’attenzione dal narcisista a se stessi e ripartire da qui. Infine, la vita compie giri strani, forse offrendo risposte quando non ci si ricorda più delle domande; come dice Fabio Volo, è una ruota che gira, e quando gira, a volte non importa più nulla! Io sono convinta che tutto torni. Chi ha amato davvero lascia sempre un segno. Mi piace credere che, un giorno, nella sua più profonda intimità, in gran segreto e senza mai ammetterlo con alcuno, il narcisista ripenserà alla sua vittima: alle lacrime calde che ha fatto scorrere, alle ferite inferte, al dolore provocato; e rifletterà sull’amore che quella persona gli aveva sinceramente donato, sull’ammirazione che provava nei suoi confronti. Forse in quel momento si troverà a fare i conti con se stesso, giungendo alla piena consapevolezza di aver rovinato tutto con le proprie mani, senza alcuna possibilità di tornare indietro. La coscienza lo tormenterà e il cuore urlerà al ricordo dei sorrisi luminosi che apparivano al solo incrociarlo. Magari durerà solo un secondo. Poi, ovviamente, si giustificherà, assolvendo se stesso e andando avanti!
10. Come sei giunta a Casa Carthago?
Ho conosciuto Margherita Guglielmino durante una conferenza in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il 25 novembre 2022. Alla fine di quell’evento, mi chiese di scrivere qualcosa per Carthago. È passato un anno senza che avessi dato seguito a quella richiesta. Poi, all’improvviso, Ginevra è venuta da me e, in una notte, ha raccontato la sua storia. Un mese dopo, Carthago l’ha resa immortale.
Grazie, Cettina Marcellino, che ha dato uno sguardo penetrante e profondo su un tema che spesso resta nell’ombra: l’abuso narcisistico e le sue devastanti conseguenze. Invitiamo i lettori a considerare non solo il dolore di Ginevra, ma anche la ricchezza di insegnamenti che possono emergere da questa storia. Che possa servire come un monito e una guida, affinché tutti possano imparare a riconoscere il vero amore, quello che nutre e non quello che consuma. Grazie per averci seguito in questa puntata di “Carthago d’Autore – L’intervista”. Alla prossima!
A cura di Fiorella Di Mauro
Scopri il libro di Cettina Marcellino Il Narciso d’Ottobre.